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30 dicembre 2005

I colori delle gemme preziose dissotterrate da secoli di storia

Lo Spazio Bianco è un sito di fumetti che ho seguito sin dalla sua comparsa sul web, innanzi tutto per il nome curioso (con una curiosa assonanza con il mio cognome) che da subito mi ha ricordato la definizione di Scott McCloud sulla "canaletta" che divide una vignetta dall'altra nei comics. Da tempo è diventato un sito di riferimento per chi come me si interessa di fumetti (come pure Comicus, AFnews, Komix, Ultrazine e Comicscode) e l'altro giorno ho scoperto con piacere che in un loro articolo sulle "strenne" fumettistiche per il Natale 2005, Michele Quitadamo segnalava il mio volume su Sergio Toppi come uno dei regali consigliati. A parte l'apprezzamento per il mio lavoro (per il quale lo ringrazio!), mi ha fatto piacere leggere questo passaggio sull'opera di Toppi: "Le sue storie hanno il sapore di luoghi lontani nel tempo e nello spazio, l'odore di spezie preziose, il profumo di donne magnifiche e leggendarie, l'incedere marziale di soldati invincibili; i suoi colori sono i colori delle gemme preziose dissotterrate da secoli di storia". Lo trovo uno dei commenti più pertinenti sulla capacità affabulatoria di Toppi.
La recensione si trova qui.

L'immagine allegata si riferisce a una delle copertine di Toppi per il progetto "1602" della Marvel e sono per ora inedite in Italia. In questo caso, il soggetto è un Iron Man ante-litteram.

(S)bilancio di fine anno

Dicembre, andiamo, è tempo di salutare. Mentre mi arrovello su un soggetto su Paperoga, come mio solito la mente vaga verso tutt'altro... tipo scrivere sul blog. Ok, ho un'idea di base, ho una mezza idea su come la storia potrebbe finire, mi manca da completare il secondo atto ma mi concedo che "Sì, forse è meglio se stacco per il pranzo" e con la scusa eccomi a ri-distrarmi. Tanto vale fare una cosa rapida e indolore: un bel sunto di quello che ho fatto nel 2005 (insomma, una cosa che non fa nessuno su nessun blog).
Avevo chiuso il 2004 pubblicando vignette sul mondo del lavoro per l'Unione Sarda (qui a sinistra una disegnata da Bruno) e poi mi sono ritrovato a sceneggiare per Red Whale e Disney Buena Vista. Con tutto il rispetto per il quotidiano sardo, cercherò di impegnarmi più sul secondo versante che sul primo. Nel frattempo sono successe dunque un po' di cose fumettistiche:
- 2 numeri Monster Allergy
- la pubblicazione del libro su Sergio Toppi
- il Premio Romano Calisi per lo stesso libro a Romacartoon
- collaborazione (con alcuni testi critici) alla mostra di La Salle, in Valle d'Aosta, organizzata da Erika Centomo su Guillaume Bianco, Giorgio De Vita e Carlos Meglia
- idem per una mostra organizzata dalla Piquiz a Terralba, in Sardegna, su Ivo Milazzo
- il corso di sceneggiatura dell'Accademia Disney
- l'inizio di alcuni progetti (uno già avviato con Paolo Campinoti e Francesco Legramandi, uno appena cominciato con Bruno Olivieri, uno in nuce con Marco Ceruti)
Nel frattempo, per non farmi mancare niente, con Cinzia abbiamo deciso di convolare a giuste nozze (lo scorso 3 agosto, per la cronaca, rosa).
E ora? In una settimana ho scritto due soggetti nuovi per Topolino (con la speranza che siano approvati dalla redazione), un altro è in preparazione per la settimana prossima e alle porte c'è, probabilmente una nuova mostra da allestire a Cagliari (per ora top secret).
Ma, soprattutto, una novità potrebbe sconvolgere il nuovo anno: se tutto va bene due gatti troveranno alloggio a casa nostra...

Monster Allergy a marzo su Rai 2

Una buona notizia per tutti i fan di Monster Allergy che come me usufruiscono della vecchia tv a carbonella e per i quali il satellite è quella cosa che ogni tanto i russi spedivano nello spazio: il cartone di Zick & Co., in onda dallo scorso 19 dicembre sul canale ToonDisney (614 di Sky), verrà trasmesso su Rai 2 a partire da marzo.
La bella notizia segue quella che annuncia che la Warner Bros. ha acquisito per gli Stati Uniti i diritti per lo stesso cartone, che andrà in onda sia sul canale KidsWB che su Cartoon Network.
Qui il link della notizia.

Cose che saltano in fase di stampa

A proposito del post precedente e del rapporto tra arte e fumetto, qualche anno fa cominciai a pubblicare alcuni miei studi sui rapporti tra arte contemporanea e fumetto su Ultrazine, il sito del mio amico Smoky Man. Successivamente scoprii che un tizio che scriveva per il quotidiano "L'Eco di Bergamo" (tale Roncalli) aveva pensato bene di attingere, con un semplice copia e incolla, a uno di questi miei articoli per completare un suo pezzo sulla pagina della cultura del giornale bergamasco. Rintracciato l'articolista, gli feci notare come non fosse carino da parte sua utilizzare materiale intellettuale altrui senza nemmeno citare la fonte. E come fosse poco intelligente farlo senza nemmeno sforzarsi di cambiare un aggettivo...
La sua risposta per creatività imbroglionesca fu pari solo allo sforzo cerebrale posto nell'attività di copiatura: "Mi spiace, io avevo citato la fonte ma dev'essere saltata in fase di stampa..."
Morale:
1) non tutti i Roncalli sono santi (anche se parenti del Papa)
2) pubblicare il frutto del proprio lavoro su Internet non sempre è una genialata

28 dicembre 2005

Pittura e fumetto

Innanzi tutto, buon proseguimento di feste a tutti!
A me Babbo Natale ha fatto un regalo niente male: l'invito dell'Associazione Culturale Hamelin di Bologna a parlare all'interno della V edizione di "Bilbolbul - Studi sul fumetto". La cosa che mi inorgoglisce (e un po' me la fa fare sotto) è che il mio intervento si terrà il 2 febbraio all'interno di un corso di storia del fumetto, in collaborazione con la libreria Feltrinelli e gli editori Black Velvet, Bande Dessinée, Coconino Press, Kappa Edizioni. Tra gli altri relatori ci saranno signori del calibro di Sergio Toppi, Igort, Luca Boschi, Giovanni Mattioli, Andrea Plazzi, Daniele Barbieri, Carlo Branzaglia, Daniele Brolli, Roberto Daolio, Gianfranco Maraniello, Antonio Faeti, Enrico Fornaroli.
Che dire?! Che devo mettermi di corsa a ripassare (e dare una stiratina alla camicia del matrimonio). Tra le altre cose, l'argomento del corso di quest'anno, "Fumetto e pittura", mi sta particolarmente a cuore. Qualche tempo fa mi misi ad approfondire per i fatti miei i rapporti tra arte contemporanea e fumetto e, in seguito, ebbi anche la fortuna di tenere un paio di lezioni su questo argomento all'Università di Cagliari all'interno dei corsi di Storia dell'Arte Contemporanea del professor Giorgio Pellegrini. Insomma, a volte la vita è un dolce ritorno :-)

19 dicembre 2005

Ma soprattutto, che lavorino.
Così impareranno.

Scrive Hemingway in un passo di Per chi suona la campana:

Adesso camminavano vicini nel buio e Anselmo parlava piano, voltando di tanto in tanto la testa mentre continuavano a salire. «Non ucciderei nemmeno un vescovo. Nemmeno un proprietario di qualunque specie, ucciderei. Li farei lavorare tutti i giorni, come abbiamo lavorato noi nei campi, e come abbiamo lavorato a tagliar legna sui monti, per tutto il resto della loro vita; così capirebbero per che cosa è nato l'uomo. Che dormano dove dormiamo noi, che mangino come mangiamo noi. Ma soprattutto, che lavorino. Così impareranno.»

Persone che giocano a lavorare per darsi un tono prendono decisioni drastiche sulla pelle di chi lavora per vivere. Un'altra persona a me cara oggi ha perso il lavoro. E io le parole.

PS. Ah, per i cinici: questo blog non fa per voi, cambiate canale...
PS 2. Il mio amico Bruno non sarà Hemingway, ma certe cose sa raccontarle bene anche lui. Leggere qui per credere.

14 dicembre 2005

Ode to my sister

Venerdì mattina si laurea Valentina, mia sorella. Sono più emozionato del giorno della mia tesi. Lei è una tosta. Da piccoli ogni tanto ci si accapigliava, soprattutto per questioni di gerarchia. Insomma, io avevo faticosamente conquistato il ruolo di fratello maggiore e lei non accettava le conseguenze che ne derivavano: obbedienza e subordinazione assoluta al fratello grande, massimo rispetto per qualunque fregnaccia Egli (con la E maiuscola) dicesse, mutismo e rassegnazione su questioni fondamentali come "si gioca a pallone" e/o "si gioca con le bambole". E invece lei niente! Imperterrita, ribatteva sempre su tutto. Ricordo in particolare una mezza rissa con rischio di accoltellamento su un regalo ricevuto per la mia promozione dalle scuole medie alla quarta ginnasio. In ballo un regalo mica da poco: il mitico Commodore 64. All'epoca quel regalo era qualcosa di straordinario. Con 64 kbyte ti facevano credere di poter fare qualunque cosa, e forse era davvero così. Io ricordo solo che avevo giurato ai miei che con quel personal computer avrei imparato a fare i compiti e complessissimi calcoli algebrici: l'unica cosa che ricordo di aver imparato fu come si superano i primi 5 livelli di "Aztec Pyramid" e i primi 5 di "Burger Time". La lotta per il Commodore 64 fu da subito serratissima. Mia sorella, rivendicando di non aver mai ricevuto un regalo degno di quelli che si beccava il fratello maggiore, aprì un'aspra vertenza sindacale al termine della quale spuntò al sottoscritto la concessione del 20% del computer. In termini pratici significava poco meno del quarto destro della tastiera. Apparentemente un'inezia, concretamente un disastro... Tra i tasti ceduti, in quel 20% rientrava quello di "invio", fondamentale per dare il via ai giochi dopo aver digitato il comando "RUN". La vertenza ebbe momenti di alta tensione (ricordo la mia controparte lasciare il tavolo delle trattative in lacrime, dopo che le rinfacciai che in fondo la mia promozione in quarta ginnasio valeva ben più del suo salto dalla quinta elementare alla prima media).
Venerdì si laurea in giurisprudenza e credo che oggi su quel 20% mi farebbe un culo così, la mia mitica sorellina.

PS. quella nel disegno di Paolo non è Vale, ma mi ricorda lei da piccola :-)

06 dicembre 2005

Sweet dreams of memories

Un altro disegno preparatorio di Paolo per il progetto di cui avevo parlato qui.
Quando lavoro su un soggetto mi rendo conto che c'è una costante che mi perseguita (il redattore capo di "Topolino" una volta mi disse che ne ero ossessionato): il ricordo, o meglio la nostalgia. Da giovane vecchio trentaquattrenne, ogni frammento del passato mi appare molto più interessante e immaginifico del presente. L'altro giorno mi ha scritto su questo blog Marco, il mio cugino col quale da bambino ho trascorso diverse estati. Da abitudinario cronico, passavo le giornate in maniera ripetitiva ma - per me! - divertente: mattina in negozio da mia nonna (per la straordinaria paghetta di 50 lire a giornata), pomeriggio a leggere fumetti ("Il Giornalino" che la perpetua distribuiva tra gli abbonati del paese) e sera nello stradone davanti alla casa di Marco a giocare a pallone sino allo sfinimento. Ovvero sino all'ora in cui iniziava "Furia, cavallo del West" (e poi Heidi, e poi Goldrake, e poi Capitan Harlock), il momento più atteso della giornata. Ma uno dei ricordi più belli riguarda l'adolescenza, la primavera dei miei 16 anni: con Marco e i suoi amici di Oristano (mitici per un metallaro oltranzista come me allora: due erano chitarristi "a orecchio", uno suonava il basso e trincava birra Ichnusa, un altro era recordman assoluto di parlo-rutto) si andava in giro per la prima volta da "grandi" (nel senso che lui aveva finalmente preso la patente e poteva scorrazzarci sulla sua fantastica 127 bianca), macinando chilometri tra il nostro paese e le più belle spiagge oristanesi, quelle dove solitamente i turisti non vanno mai. Eravamo inebriati da questa strana sensazione di libertà e indipendenza e senza nemmeno accorgercene, lasciata la 127 lungo una strada bianca, ridendo come scemi abbiamo raggiunto uno spuntone di roccia a picco sul mare. Il cielo era grigio acciaio. Ci siamo accorti che era carico di pioggia solo quando all'improvviso sono cadute le prime gocce, senza nemmeno un lampo che le annunciasse. Sul bordo di quella scogliera abbiamo smesso d'un tratto di cazzeggiare, ammuttoliti dalla bellezza del mare oscuro e potente di Pasquetta.

02 dicembre 2005

Il pane e le rose

Ho sempre temuto e ripudiato la violenza. Ce n'è fin troppa in giro e quando vedo dei film che ne fanno la loro colonna portante ho un rigurgito di intolleranza. Eppure a volte mi verrebbe da amare la rabbia, anche quella che mi fa stare male, perché la ritengo un sentimento propulsivo. Ieri hanno comunicato a un mio caro amico che per motivi di ristrutturazione aziendale a fine dicembre dovrà levare le tende. Un bel regalo di Natale, complimenti ai Santaclausi di turno.
Il mio amico è uno che ha lasciato la Sardegna per venire a Milano per cercare lavoro, non perché gli faceva piacere avvicinarsi a via Montenapoleone. Ed è uno che non ha mai avuto paura di sporcarsi le mani: lavorare come contadino o come correttore di bozze, non c'è differenza, ha sempre alternato il concetto alle braccia. Per lui (è un tipo stravagante) l'importante è lavorare, ed essere retribuiti per il proprio lavoro. È secondario che lui sia anche un filosofo, visto che la laurea è ormai una semplice soddisfazione personale.
Vogliamo buon cibo, e ne vogliamo in abbondanza.
Jack London

25 novembre 2005

Oggi ho portato a spasso il cane

Wow! Sull'onda dell'entusiasmo per essere stato citato sul nuovo "Fumo di China" (vanitas vanitatum!) tra i collaboratori della Red Whale (leggi "Monster Allergy"), affianco al mitico Michele Medda, chiamo il mio nume tutelare per eccellenza: il signor Bruno Enna da Sassari, di professione sceneggiatore, di vocazione santo. Quest'ultima non è una vocazione che uno si sceglie: come per la scrittura, anche per la santità ci vuole talento. E Bruno ne ha da vendere. Io, che oscillo costantemente tra autoesaltazione e tafazzismo militante, quando perdo la bussola e voglio riprendere la retta via (o un minimo di equilibrio tra sogni e senso della realtà), mi metto davanti a un muro e recito un mantra. Oppure chiamo Bruno.
La voce del santo mi giunge tra strepitii di bambini, i suoi fantastici figli.
- Ciao Bru', disturbo?
Lui, nonostante uno dei pargoli gli stia azzannando l'orecchio, risponde senza fare una piega, disponibile come sempre. E allora io penso che da grande voglio essere proprio come Bruno.
- Bru', hai visto il mio blog? Guarda che è facile da gestire! Perché non lo fai anche tu?
- Perché non saprei che cosa scriverci!
- E io allora? Io ho poco da dire ma chi se ne frega. Qualcosa viene sempre fuori, no?
- In effetti, c'è chi ha il suo blog per raccontare cose come Oggi ho portato a spasso il cane...
- Ah, cavoli! Io il cane purtroppo non ce l'ho... e adesso che cosa faccio?
- O chiudi il blog, oppure ti tocca prendere un cane, mi sembra ovvio.
- Vada per il cane.
- Non dimenticarti di portarlo a spasso, altrimenti non hai niente da scrivere lo stesso.
- Giusto... Oh! Bello il tuo dylandogone!
Come Sant'Agostino da Ippona (ma pare fosse di Tagaste), anche il Bruno da Sassari (ma si mormora abbia dei trascorsi in quel di Lodi) viene tentato dal diavolo.
La prova è in edicola dal 5 novembre scorso, impressa nel grano.

22 novembre 2005

Pronto soccorso per scrittori esordienti

Si intitola così un libretto di Jack London appena acquistato (edizioni Minimum Fax, 8 euro) . Mai acquisto fu più lungimirante. Mentre da due mesi mi affliggo sul fatto che il tempo per preparare nuovi soggetti (soprattutto per "Topolino") non basta mai e che col lavoro al FAI e il matrimonio e la spesa da Esselunga e... insomma, tutte le possibili motivazioni per non scrivere, ecco che Jack mi guarda con quest'espressione tra il disincantato e il commiserante: "Il tempo! Quando dici che non ne hai, vuoi dire che non lo utilizzi con economia. Hai mai imparato a leggere davvero? [...] Ecco il tempo che ti occorre, il tempo che hai sprecato con la prodigalità di uno sciocco: il tempo che non potrà tornare mai più. Impara a discriminare nella scelta delle tue letture e impara a leggere rapidamente e con accortezza. [...] Leggi il meglio, e soltanto il meglio. Non finire un racconto solo perché lo hai cominciato. Ricorda che sei uno scrittore, per prima cosa, per ultima cosa e per sempre". E per finire, la botta riservata ai pigri cronici aspiranti qualcosa come il sottoscritto: "Il tempo! Se non sei capace di trovare il tempo, stai sicuro che il mondo non troverà il tempo di ascoltarti!".

21 novembre 2005

Born to be alive, o delle emozioni

Prosegue il progetto con Legramandi e Campinoti. Ieri sera ho impostato il layout con le prime cinque tavole di sceneggiatura. Alcune le ho dovute cancellare e rifare da capo. Se scrivere è un sogno, sceneggiare per i fumetti è il sogno che si fa materia: vedere le tue parole trasformarsi in immagini è un'emozione indescrivibile. È una di quelle cose che ti fanno sentire vivo, e anche un po' fiero. Dici "Cavoli, ma quelli sono i personaggi che ho descritto io?!" e poi non dormi per un paio di notti. A me prende una sorta di acquolina sotto il mento e il sangue comincia furiosamente a irrorarmi la cervicale. Quando mi comunicarono che era andata bene la prova di sceneggiatura per Monster Allergy, rimasi tre notti di seguito praticamente senza chiudere occhio. Andavo al lavoro con un sorriso ebete sulla faccia e non avvertivo la minima stanchezza. Il quarto giorno sono crollato e ho dormito per 12 ore. Per fortuna era di sabato.

18 novembre 2005

Toppi e le macchine impossibili

Per gli appassionati di Sergio Toppi, una chicca, per gli altri una curiosità. Prima di diventare un autore affermato nel mondo del fumetto, Toppi si occupava di animazione per gli studi dei fratelli Pagot a Milano. Qui potete ammirare dei bozzetti per una serie di macchine impossibili disegnate tra la fine degli Cinquanta e i primi anni Sessanta. Lo stile di quegli anni, oggi completamente cambiato, era tipico dei lavori realizzati sia per gli Studi Pagot sia per la rivista "Candido" di Giovanni Guareschi, per la quale Toppi realizzava vignette satiriche.

17 novembre 2005

Castigat ridendo mores...

... che Bush e i suoi hanno interpretato brillantemente come "Punisci tra le risate (le tue, ovvio) quelli con la pelle vagamente scura". Visto che, prima della guerra in Iraq, George W. citava sempre "Si vis pacem, para bellum" si poteva sperare che anche altri motti latini gli si addicessero, e invece... E invece per fortuna ci rimane lo spirito, e il mio grande amico Bruno Olivieri è uno di quelli che nel camino dell'ironia non fa mai mancare la sua legna.
Ecco una delle sue vignette più recenti.
Dalla sezione "Links" qui a destra potete arrivare al suo sito personale.

Essere sinceri. E generosi.

Un progetto appena iniziato con Francesco Legramandi e Paolo Campinoti. Lavorandoci mi sto rendendo sempre più conto di quanto sia importante scrivere partendo da emozioni realmente vissute. Grazie alla tecnica si può arrivare a raccontare quanto di più lontano ci sia dalla propria esperienza di vita, si può persino trasformare un episodio personale in qualcosa di universale (mi vengono in mente certi lavori di Gipi), ma credo che - soprattutto per chi come me è agli inizi - sia necessario partire da ciò che si conosce. Essere sinceri. E generosi. E chi scrive in fondo deve esserlo perché non fa altro che regalare agli altri un pezzetto di se stesso. Altrimenti è un imbroglio e una manipolazione dei sentimenti altrui. Questa solitamente riesce solo ai grandi autori. Solo per questo li si può perdonare.

Una recensione su "Letture"

Stefano Gorla, giornalista, critico di fumetti e saggista, ha recensito il mio libro Sergio Toppi, nero su bianco sulle pagine di "Letture", una delle principali riviste delle edizioni San Paolo. Ogni recensione dedicata a un proprio lavoro non può che far piacere, ma c'è un passaggio dell'articolo di Gorla che mi ha fatto particolarmente piacere: "Lo stile, l'evoluzione grafica, la parabola artistica di Toppi sono ripercorsi con rara efficacia, grazie a una sintesi che rifugge pedanterie ma non dimentica nessun tassello della carriera artistica e delle innovazioni che il lavoro di Toppi ha prodotto". Grazie!

16 novembre 2005

Il corso all'Accademia Disney

Dallo scorso marzo fino a tutta l'estate ho potuto seguire i corsi di sceneggiatura dell'Accademia Disney. È stata un'altra esperienza davvero importante. Grazie a un accordo con i miei responsabili al FAI, uscivo a razzo dal lavoro e mi precipitavo in via Sandri! Le lezioni sono state una rivelazione: tra i vari corsi che ho seguito è il primo che non crolla qualitativamente dopo le prime lezioni. Fino alla fine ho avuto la fortuna di avere docenti competenti e in grado di appassionarti sui vari modi di "scrivere Disney", da Riccardo Secchi a Tito Faraci, da Bruno Enna ad Alessandro Sisti, da Daniele Brolli a Roberto Santillo. Una figata.
Con alcuni compagni di questa avventura ci sentiamo e ci incontriamo di tanto in tanto per scambiarci pareri e consigli sulla (auspicabile!) carriera fumettistica. Qualcuno è già al lavoro!

Monster Allergy #20

Il numero 20 di "Monster Allergy", intitolato Funghi e castagne, uscito lo scorso 13 maggio. Il soggetto è di Katja Centomo, i disegni di Paolo Campinoti, le chine di Paolo Ferrante e Santa Zangari, il colore di Sergio Algozzino, Giulia Basile, Fabio Butera, Alessandra Dottori, Lorenzo Ortolani e Vanessa Santato.
È il mio esordio come sceneggiatore professionista su un'importante casa editrice (la Buena Vista) e per questo sono molto legato a questo lavoro. Inoltre è stata l'occasione per conoscere Paolo Campinoti, bravissimo disegnatore e amico.

Monster Allergy #25

Ecco qua! Il 13 ottobre scorso è uscito il numero 25 di "Monster Allergy", intitolato Gli invasori.
È la mia seconda sceneggiatura, su soggetto di Francesco Artibani e Katja Centomo.
I layout sono di Alessandro Barbucci, clean up di Manuela Razzi ed Emilio Urbano, chine di Marco Failla e Paolo Ferrante, colore di Giulia Basile, Cecilia Giumento e Vanessa Santato.
Ricordo la stesura di questa sceneggiatura come una prova bella e difficile, durante la quale credo di aver imparato molto, soprattutto grazie alla supervisione e ai consigli di Francesco Artibani. È stata dura soprattutto perché in contemporanea seguivo le lezioni dell'Accademia Disney. Un periodo intenso e faticoso, ma bellissimo :-)

Ivo Milazzo a Terralba

In Sardegna c'è sempre un discreto interesse intorno al fumetto. Silvio Camboni, Bruno Olivieri e Serena Demontis hanno organizzato dal 19 al 27 novembre, presso Villa Atzeni a Terralba (OR), la seconda edizione di una convention fumettistica intitolata 'Isole d'Autore'. Quest'anno la mostra monografica sarà dedicata a Ivo Milazzo.
Ho collaborato al catalogo della mostra con un articolo critico sulla "sintesi segnica" di questo grande autore :-)

15 novembre 2005

In fumetteria! Di corsa!

Ecco la copertina del mio libro su Sergio Toppi, edito dalla casa editrice Black Velvet di Bologna.
IM-PER-DI-BI-LIS-SI-MIS-SI-MO!
Il libro è nato dalla mia tesi di laurea in Storia dell'arte contemporanea (in Lettere, a Cagliari) ma alla fine quella tesi si è rivelata più che altro lo spunto dal quale partire. Grazie allo stesso Toppi ho avuto la possibilità di raccogliere tantissimo materiale che quando abitavo in Sardegna mi era difficile consultare.
Il risultato finale è un volume che affronta il lavoro di Toppi da un punto di vista storico-critico, con un'appendice (curata in collaborazione con il mio amico Smoky Man) dedicata agli omaggi di autori, colleghi, critici e appassionati lettori all'opera dell'autore di Sharaz-De.

18 luglio 2005

Dove muoiono i San Siro (4)

Giorno 3, sera.
Sa bruscia e Isacco.
[Racconta Francesco]

La casa dei Serra è praticamente una villa. Ha un odore strano. Sa di vecchio, ma pulito. 
Per poco i miei cugini e Cecilia non ci sono rimasti nel vedermi tenere per mano quella vecchia un po’ avvizzita e dagli occhi bianchi. 

Sa bruscia è la bisnonna dei Serra, che ora abitano tutti in città o in Continente. Lei è l’unica a non aver voluto lasciare il paese. E' cieca ormai da tanto tempo e ha una domestica che ogni tanto le fa la spesa, l’aiuta a far da mangiare e tiene pulita la casa. Un tempo i Serra erano ricchi possidenti, lo sanno tutti in paese, e altro che una domestica avevano! Che erano ricchi lo sanno anche i ladri, che tante volte sono entrati nella casa per rubare soldi, oro, argenteria, ché tanto la vecchia cieca non li vedeva…

Poi  ha cominciato a circolare la leggenda e anche i ladri hanno preso a girare alla larga dalla villa. La leggenda è quella della vecchia cieca che è una strega e che squarcia i San Siro e anche la pancia di chi è cattivo. E la strega è contenta di questa legenda, perché quelle dicerie proteggono il giardino dei Serra e la villa.

Ho cercato di spiegarlo a Pietro e agli altri, ma non mi credono ancora e rimangono lì, sulla porta. Gliel'ho detto che quando ho trovato il pallone, lei mi ha trattato male perché credeva fossi uno come Balloi su nieddu, che ogni settimana si fa il giro di tre o quattro case per rubare. Non ne può più dei furti, sa bruscia. Poi ha capito che volevo solo il pallone e allora non solo me l'ha lasciato prendere, ma ha cominciato a raccontarmi di quando era giovane e che era amica della mamma di mia nonna e che nonna era poco più che una bambina quando quel giardino dei Serra era una specie di parco giochi aperto a tutti i bambini del paese, soprattutto durante la guerra.

"Che cosa c'è? Avete paura? Vi ho detto che potete entrare" ha detto sa bruscia. Pietro allora ha fatto la faccia seria seria. Tutti stavano zitti perché tutti fanno quello che fa Pietro, quando c'è da prendere una decisione. Poi però Cecilia ha parlato. 
"Biscotti ne ha?"
Pensa sempre ai dolci, Cecilia.

Dopo averci offerto a tutti una tazza di tè, la vecchia cieca comincia a raccontarci del suo nipotino, Isacco, morto proprio quando la guerra stava finendo. Dice che i tedeschi si stavano ritirando dall'aeroporto a dieci chilometri da qui, quello dove adesso c'è un campo di grano grandissimo. Dice che la guerra l'avevano ormai persa e che tornavano a casa e dice che loro non avevano mai avuto problemi con i tedeschi, perché in paese non ci passavano mai. Tranne quella volta. Le chiedo quale volta e lei si mette a piangere, silenziosa, che faceva una pena che ci veniva voglia di abbracciarla. 

Cavoli, sentendo di nuovo parlare di morti e ladri mi passava un po' la voglia di prendere il tè con quei biscotti buoni. "Signora, è molto tardi per noi. Nonna mi ammazza se faccio tardi!!!" dico facendo vedere che sono davvero agitato (beh, tardi lo era davvero!). 
"E' vero, è meglio se torniamo alla base" aggiunge quello sbruffone di Paolo, che aveva ripreso coraggio e faceva lo spavaldo. Lui è sempre così, soprattutto quando in piazza passa Romina, la figlia del macellaio. Lì non c'era Romina, ma lui faceva lo spaccone lo stesso.

La vecchia è molto gentile. Ci accompagna alla porta e ci invita a tornare quando vogliamo per  un tè con i savoiardi. 
La salutiamo. Con il pallone sottobraccio mi avvio al cancello… 
Il cancello!
Cavoli, mi ricordo che mia cuginetta Camilla dev'essere ancora di guardia al cancello! 

"Camillaaa!!!". Niente, figurati se risponde quella lì! Dopo un po' (me la stavo già facendo sotto: immaginavo le punizioni che mi avrebbero aspettato. Come minimo, se torno senza mia cuginetta non mi fanno più vedere Goldrake per un anno, forse anche due) la ritroviamo sul retro della villa. Aveva seguito un gruppetto di gatti randagi. Anzi, sembrava quasi rapita da loro: noi la chiamiamo e lei non ci risponde, come se non ci sentisse. Allora la seguiamo fino a ritrovarci in una parte abbandonata della villa. E' entrata in una stanza dalle persiane rotte. Non si vede un piffero e allora cerco la luce. L'accendo e vedo 
Camilla che sta facendo qualcosa. Allora ci fermiamo tutti in silenzio a osservarla. Con in braccio un micio, è ferma davanti a una parete di quella stanza abbandonata. Sta fissando il muro davanti a sé, senza dire una parola. 
C'è disegnata una figura umana, un bambino, di spalle...
 
Ora, io non lo so come ci si sente quando si è ubriachi, ma io no ero ubriaco e, ve lo assicuro... insomma, quel bambino sulla parete all'improvviso si volta verso di noi. O almeno così mi è sembrato.

A quel punto io e Pietro ci capiamo al volo senza fiatare. Prendiamo per un braccio Camilla e ce la diamo a gambe mentre la vecchia che ci aveva raggiunti grida di non aver paura. Tra le lacrime, disperata.

Con il cuore in gola che manco riuscivo a respirare, dopo aver varcato il cancello mi accorgo che Camilla, tutta sorridente, ha ancora in braccio uno dei micini della casa dei Serra.
Mentre riprendiamo fiato, nessuno parla di quello che c'era su quella parete. E io sono contento, perché mi sono già convinto di averlo sognato, ecco.
Poi Pietro dice: "Dobbiamo riportarglielo".
"Dobbiamo riportare che cosa?" dice Paolo.
"Il gatto. Dobbiamo riportare il gatto alla vecchia."
"Tu stai finendo di rimbecillirti. Io lì dentro non ci torno" risponde Paolo e allora con il fratello cominciano a bisticciare finché Camilla non salta fuori con una delle sue frasi strampalate: “Lo sapete che quel bambino si chiama Isacco? Me l'ha detto lui”.

- (4) continua, s'il vous plaît

14 luglio 2005

Dove muoiono i San Siro (3) - interludio

Giorno 3.
Pomeriggio, parte prima: I preparativi.
[Racconta Pietro]

Perfetto. Ho convinto i miei zii che Francesco con la sorella e la cuginetta venivano a pranzo da noi (a volte capita) e ai miei ho detto che io e mio fratello andavamo a pranzo dalla zia. Scientifico: se la sono bevuta come un bicchiere d’acqua, il che significa che abbiamo ancora qualche ora di tempo a disposizione per recuperare mio cugino dalle grinfie della strega senza coinvolgere genitori, zii, nonni e magari pure i carabinieri. 
Siamo grandi ormai e certe cose le dobbiamo risolvere da soli.

Mio fratello Paolo ha preso la fionda di metallo: è un’arma potentissima che lui carica con i bulloni dell’officina di nostro padre. 
Un giorno voleva farci vedere quanto era efficace usando un povero gatto come bersaglio. Sono bastati due schiaffi per fargli capire che ci fidavamo senza bisogno di dimostrazioni pratiche.

Cecilia è più sveglia di suo fratello, che pure è più grande. Ricordo quando gli volevo scattare quella foto sul leccio grande, quello all'uscita del paese che per salirci sopra bisogna usare una scala o delle sedie. Francesco aveva paura anche solo ad arrampicarsi, Cecilia invece è saltata su subito, che sembrava una scimmietta.Lei ha già capito il piano d’azione e so che di lei ci si può fidare. 
Invece Camilla è troppo piccola per una missione così impegnativa, però può essere indispensabile per dare l’allarme in caso di pericolo: urla a squarciagola come poche.

Per quanto mi riguarda, dovrò solo mantenere il sangue freddo e non dimenticarmi le parole in sardo: sa bruscia non solo non capisce bene l’italiano, ma si innervosisce se qualcuno non le parla in dialetto perché sospetta sempre che la si voglia imbrogliare.

Bene. 
Si passa all’attacco.

- (3) continua, continua (e benvenuti a 'sti...)

06 luglio 2005

Dove muoiono i San Siro (2)


Giorno 2
Pomeriggio

Credo di aver battuto tutti i record: ho buttato il pallone nel giardino al primo tiro. E ora chi lo dice a mio zio? Mi tocca andare a recuperarlo e non ne avrei nessuna voglia. E poi sta per iniziare Goldrake in tv. Si può essere più sfortunati?
Mio cugino grande, Pietro, mi dice che se voglio mi accompagna lui, oltre il cancello, e che però dobbiamo fare in fretta perché se fa buio poi è un pasticcio. 
Accetto la proposta. Scavalchiamo il cancello.
Ricadiamo in piedi e cerchiamo di ammortizzare la botta piegando le ginocchia in avanti: questo sistema me l’ha spiegato Pietro, che è uno appassionato di queste cose scientifiche. C’è un silenzio assurdo, come se il mondo fosse rimasto fuori da quel cancello. A essere sincero, nemmeno fuori dal cancello c’è mai tanto rumore: si sente ogni tanto solo qualcuno che sgomma per far sentire a tutti che si è comprato la macchina nuova. 


Egidio, per esempio. 
Lui adesso c’ha l’Alfa Sud color caffelatte e non fa altro che tirarla su e giù per via Roma come un pazzo. Non gli è bastato quello che ha combinato una notte con la Giulietta, quando è tornato dalla città ubriaco e si è schiantato contro il palo della luce davanti al bar. Ha fatto un botto che sembrava una bomba. 
Adesso non si sente nemmeno la macchina di Egidio. Sento solo il suono dei grilli e ogni tanto il rumore delle spighe sbattute dal vento. Mi piace il rumore delle spighe sbattute dal vento.

A un certo punto sentiamo un baccano dietro di noi: sono Paolo, Cecilia e Camilla. Ci stanno seguendo. Gliel'avevo detto di aspettare fuori ma non mi hanno ascoltato: se davvero nella casa ci sono i fantasmi, o se sa bruscia rapisce davvero i bambini, adesso la colpa della loro scomparsa sarà mia!

Quel cretino di Paolo sembra tutto contento, completamente elettrizzato. Più io e suo fratello gli diciamo di fare silenzio, più lui si diverte a raccontarci storie dell’orrore…
Noi cerchiamo di non ascoltarlo e di camminare stando attenti a sentire anche il minimo rumore, con le orecchie che ci fischiano per la concentrazione. Ci interessa solo il nostro pallone rosso e nero e lo cerchiamo tra queste spighe alte, fitte fitte. E intanto lui ci rompe l’anima con i suoi racconti del terrore, ché mi verrebbe da dargli un pugno per farlo stare zitto. 
La più terribile di quelle sue storielle la conoscevo già, ma lui l’ha raccontata in un momento di particolare tensione e allora…


Dice che nella casa abbandonata sa bruscia non fa collezione solo di palloni ma anche di bambini. Piccoli, grandi, e non importa se uno è buono o cattivo: importa essere ubbidienti e mangiare sempre quello che i tuoi genitori ti mettono in tavola.
Dice che la notte sa bruscia entra nelle case di tutti i bambini e con le sue unghie lunghe e affilate apre le pance dei bambini. Se vede che nella tua pancia c’è tutto quello che i tuoi genitori ti hanno detto di mangiare, lei ti ricuce e l’indomani ti svegli senza esserti accorto di niente. 
Dice che se invece ti apre la pancia e scopre che non hai mangiato tutto, allora ti lascia con le budella di fuori e tu muori per aver disubbidito ai tuoi genitori.

Questa storia me l’avranno raccontata decine di volte, ma stavolta mi ha un po’ impressionato. Io volevo concentrarmi solo nella ricerca del Supertele perché stava già facendo buio, e poi iniziava Goldrake, e poi se tornavamo tardi mia nonna ce le suonava di sicuro… e quello scemo che ci fa perdere tempo con le sue storie di streghe...

All’improvviso sentiamo un urlo. 
Facciamo tutti un salto per la paura, con mio cugino Pietro che spara parolacce in dialetto come non ne avevo mai sentite… 
È stata mia sorella. Mia cuginetta le ha morsicato la mano perché lei non voleva portarla con sé e... insomma, sembra non sia niente di grave ma succede il finimondo: dal giardino si sollevano una marea di corvacci neri e da tutte le parti cominciano a schizzare fuori come impazziti gatti di tutti i tipi e colori e nel circondario cominciano a ululare un sacco di cani... Quando cominciano a volteggiare anche i pipistrelli, Paolo batte tutti nella fuga e scavalca il cancello alla velocità della luce, lui che si crede il più coraggioso di tutti; Pietro invece mi aiuta a fare la staffetta alle due femminucce. 
In quattro e quattr’otto scavalchiamo anche noi. 

Ora siamo a casa a guardarci Goldrake con il cuore che ci sembra di sentirlo nelle orecchie.
Del pallone nessuna traccia. Quando mio zio mi chiede che fine abbia fatto, gli dico che l’ho prestato a Gigi "Turriedda", ma che domani me lo restituisce.


Giorno 3
Mattina

Ok, deciso. 
Il recupero del pallone deve avvenire di giorno, anzi, di mattina, così Paolo potrà raccontarci tutte le storie dell’orrore che vorrà e non ci farà più paura.
C’è un sole bestiale e la lamiera del cancello quasi mi ustiona mentre mi ci arrampico sopra. Per non sentire più il metallo bollente sulla pelle mi butto giù dal cancello troppo presto e finisco col sedere per terra. Mi rialzo in fretta e cerco subito il pallone rosso e nero che, cavoli, dovrà pure saltar fuori.
In cima al muretto di cinta ci sono i miei tifosi personali, dall’altra parte c’è la casa dei Serra, che con questo sole mi sembra meno spaventosa.

I miei tifosi mi sostengono e io mi sento come Paolo Rossi o Roberto Bettega: dribblo le spighe di grano e i papaveri, con lo sguardo basso per fare il tunnel a Berti Vogts (ooolèèèèèèè!) e cercare il Supertele di zio Gerardo. Mi sembra persino di sentire la telecronaca di quel giornalista bravo, Nando Martellini: “... ma attenzione, ecco che il campione prende palla sulla fascia e scende imperioso tra un nugolo di avversari, li salta, li dribbla, triangola con un compagno, riceve sul fondo, crossa al centro e – incredibile, cari telespettatori – il campione stesso va a incornare di testa sul suo cross ed è gol!!! Gol, amici telespettatori, gol! Era dai tempi di Gigi Riva che sui campi di giuoco non si vedeva un talento così!” e diceva proprio giuoco, che io non so nemmeno pronunciarlo bene.

Mi accorgo solo allora di essermi lasciato trascinare dalla foga dell'azione e di essermi avvicinato paurosamente alla casa della bruscia e che le voci che sento non sono incitamenti a concludere a rete ma le grida dei miei sostenitori che mi urlano di tornare indietro, perché lì sono in pericolo. 
Ma quale pericolo?! Qui non c’è nessuno, e poi… 
Eccolo lì, porca miseria!, eccolo lì il pallone rosso e nero. E che cavolo, ho fatto proprio un tiro potente per spedire il Supertele fin qui! Adesso lo raggiungo in un secondo, lo riporto a casa e abbiamo finito con ‘sta storia. 
Anzi. 
Dalla prossima volta giochiamo davanti alla casa dei Manca, che quelli ce lo restituiscono sempre, quando va nel loro terreno…

Non ebbi nemmeno il tempo di accorgermi di quello che stava accadendo. 
Sentii solo quelle urla lontane che mi dicevano di scappare e poi vidi delle dita rugose che mi afferravano un polso mentre mi accingevo a prendere quel pallone rosso e nero. Ricordo una stretta forte come la morsa dell’officina del babbo di Pietro e Paolo. 
E poi quelle unghie lunghe e appuntite.
Ricordo solo questo e il sole come un’enorme palla di fuoco giallo…

- continua (si spera!)

27 giugno 2005

Dove muoiono i San Siro (1)


Giorno 1



Gigi “Turriedda” ci ha fatto perdere anche questo pallone. A me piaceva molto perché era un San Siro nero e azzurro, come i colori dell’Inter, che è la squadra che mi sta più simpatica (dopo il Cagliari, ovvio).
Turriedda ne combina sempre qualcuna: non è cattivo, è che è proprio scemo. 
Glielo diciamo sempre di tirare piano, ché i San Siro volano via subito e che se poi finiscono nel giardino dei Serra nessuno ce li restituisce più.

Zio Gerardo adesso ci ha regalato un Supertele rosso e nero (a me non piace, quelli sono i colori del Milan) ma si è raccomandato: “Francesco, questo è l’ultimo che ti regalo, ma non giocate più davanti al giardino dei Serra” ché se perdiamo anche quello non ce ne dà altri e dopo ce lo scordiamo di giocare a pallone. 
Zio Gerardo è bravo ma anche severo.
Insomma, per un po’ abbiamo deciso di lasciar stare il pallone e stiamo sempre andando in giro in bici. Io ho pure aggiustato la ruota della Graziella e secondo me adesso è la più veloce di tutte perché quando prendo le buche è ammortizzatissima e rimbalza. Quella di mio cugino Paolo però c’ha le marce e lui dice che così va molto più veloce di noi…


Giorno 2
Mattina
Abbiamo resistito per tutta la mattina, abbiamo corso in bici lontano lontano, fino quasi al paese di Sergio “Tovagliolo”, a dieci chilometri da qui, e al ritorno ci siamo pure beccati la pioggia (ha iniziato leggera leggera e poi ci ha inzuppati). 
Ma stasera vogliamo giocare a pallone. Io, da grande, voglio fare il calciatore.

Il cancello davanti al giardino dei Serra è la porta migliore in assoluto. 
È largo e alto proprio come una vera porta e lì davanti non ci sono quasi mai macchine parcheggiate, solo una strada asfaltata che fa da campo e un cancello che fa da porta. 
La squadra è sempre la stessa, anche se ogni tanto si aggiunge Turriedda: io, che cerco sempre di stare in attacco, e poi ci sono i miei cugini Pietro e Paolo, mia sorellina Cecilia e nostra cugina, la più piccola, Camilla. 
Pietro è rigido come un pezzo di legno, ma non è colpa sua: non ha mai fatto nessuno sport, però è uno che fatica già in campagna e il padre lo fa pure lavorare come manovale, qualche volta. 
Paolo è un po’ più sciolto e ogni tanto qualche tiro decente gli esce pure, ma è in porta che dà il meglio di sé. Lui si butta sull'asfalto e anche se si sbuccia le ginocchia e i gomiti non gliene frega niente. Per disinfettarli, quando arriva a casa ci butta sopra la vernaccia, ché è così che gli ha insegnato suo babbo. 
Cecilia, come dice mio padre, è il vero maschiaccio di casa: vuole sempre stare con noi e cerca di imparare, però a calcio è proprio scarsa. 
Camilla è ancora piccola e viene a giocare sempre con la sua bambolina e con una collana che chiama “scabecia". Gliel'ha regalata il papà prima di sparire nel nulla, quando era appena nata. La portiamo con noi perché mica siamo come quei bambini che lasciano a casa i fratellini più piccoli! 
Però certe volte mi farebbe piacere poter giocare anche solo con i grandi... 

Quando c’è Turriedda, è lui il più forte della squadra: non ha mai giocato in un campo vero (io sì, a Cagliari) ma è molto fantasioso e si impegna tantissimo. Anche troppo! Per questo tira sempre troppo forte e ci perde tutti i palloni... 
Turriedda ora è ufficialmente fuori squadra, e pazienza se perdiamo qualche sfida contro gli Scanu. 
A me non piace perdere, però almeno per un po’ non rimarremo più senza palloni. 

Il giardino dei Serra è il più grande del paese. I Serra non abitano più qui da molto tempo. Pietro dice che erano i più ricchi del paese e che erano molto rispettati. Un giorno hanno deciso di andare via e trasferirsi in città.
La casa nel giardino dei Serra è grande come una di quelle ville che si vedono nei film. Che ci abiti qualcuno lo so per certo. E' la vecchia cieca, che i bambini qui chiamano sa bruscia de bidda, la strega del paese. I grandi la chiamano anche Tzia Zuannicca. 
Dicono che vive da sola con tantissimi gatti e che odia i bambini, e che una volta un bambino è entrato nella casa per chiedere indietro un pallone e che non è mai più tornato a casa. 
Si dice anche che quando viene il buio ci vanno i fantasmi ma a me non interessa. Io ai fantasmi né ci credo, né non ci credo: proprio non mi interessano.
E comunque questo pomeriggio si gioca.

- continua, eh! Per chi gli garba, beninteso...