La sua vita era ricca di colpi di scena come un film di John Woo, così almeno ripeteva a tutti quelli con cui si lamentava dei gatti.
Una vita talmente piena che a malapena trovava il tempo per stigmatizzare quelli che dedicavano il loro ai gatti.
E questo gli costava sacrificio ma, a malincuore, se ne faceva carico. Era una sporca battaglia, la sua, ma qualcuno doveva comunque portarla avanti.
Dopo il lavoro che, come amava ricordare, lo teneva costantemente impegnato, passava di casa in casa a controllare se amici e semplici conoscenti per puro caso o deliberatamente avessero dei gatti circolanti a zampa libera per il salotto.
A uno spiegava quanto dannosi fossero i peli di gatto svolazzanti per il tinello, a un altro raccontava che l'attaccamento morboso ai gatti era indice di immaturità e carenza d'affetto.
Poi tornava a casa, mangiava una pastasciutta al volo e si collegava alla grande rete per cercare l'unica cosa che, diceva con tono grave, non sarebbe valsa il costo di una connessione: i gatti.
Gatti in tutte le pose. Gatti dormienti, gatti autopulenti, gatti litiganti, gatti copulanti, gatti armati, gatti cantanti, gatti suonanti pianoforti, gatti sveglianti padroni dormienti.
Concludeva la sua giornata scrivendo a blog e forum gattofili schernendoli per la loro perdita di tempo e denaro appresso ai gatti.
Soddisfatto per averle cantate a mezzo mondo e ancora vibrante di sdegno, andava finalmente in camera sua. Abbassava le tapparelle, ma non prima di aver urlato e scagliato una delle sue decine di ciabatte contro l'unico elemento di disturbo del suo condominio: Spin, il gatto dei Salis che ogni sera intonava i suoi canti d'amore a Matilda, la gatta dei Curto.
Poi Lucio caricava la sveglia, scostava il lenzuolo e si coricava, finalmente sereno. Abbracciato a Minou, la sua gatta di pelouche.