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13 maggio 2006

Un solo grande amore


Cercando tra le cose che abbiamo fatto con Nando in questi ultimi anni, sono saltati fuori tanti ricordi. Non è sempre facile aprirli, ma sto cercando di ripercorrere con leggerezza gli eventi che ci hanno regalato una grande amicizia. Anche se ogni tanto ci commuoviamo, spesso ci vengono in mente le battute, la sagacia, il sarcasmo "buono", un ossimoro che solo lui poteva produrre. Sapeva farti ridere e subito dopo riflettere, magari anche amaramente. Se era il Signore del Volo, lo era anche della parola, sia scritta che proferita. Il brano qui sotto l'aveva scritto per la mostra di Cagliari del 2003: si intitolava "Un solo grande amore" e concludeva una presentazione al catalogo della mostra stessa.
Sapeva di essere in una ben precisa fase della sua vita, ma non ha mai mollato.

Non ho mai solcato mari tempestosi, a bordo di un cargo. Non ho attraversato deserti infuocati. Non mi sono mai addentrato in foreste amazzoniche o tra giungle infestate da migliaia di insetti voraci e da serpenti velenosi. Non ho avuto donne o mogli sparse nei continenti.

Ho avuto un solo amore, grande, che mi ha accompagnato per lunghi, lunghi anni. Un amore che mi ha dato la possibilità di vedermi ogni giorno, al tavolo dei miei sogni. Sono seduto al mio tavolo di lavoro, e guardo me stesso. Una boccia piena d'acqua, due vasetti e una piccola anfora da cui spuntano, impazienti e disordinati, molti pennelli, i miei pennelli. E anche, matite, penne, gomme, un paio di forbici, fermagli, la boccetta di inchiostro, inchiostro di china, una riga coperta di macchie, bianche, nere. Molte macchie. Tubetti di colore semi spremuti, che non hanno trovato la loro ordinata collocazione, occhiali, una lente, un modellino di aereo senza una ruota. Tutto questo ho guardato con affetto, con ansia, ogni mattina, dopo un caffè. Ho disegnato, raccontando a me stesso, prima che ai lettori. Sognando e disegnando. Ho sognato di pilotare uno "Spitfire" o un "Macchi". Ho impugnato la cloche e ho disegnato vertiginose affondate, ho dato calci alla pedaliera e ho affrontato l'avversario con secche virate, derapate e "tonneau" sparati. Sono stato l'eroe di tante avventure, il "carogna" che affronta la polizia con una Colt 45 o una mitraglietta "Scorpion", il bello, l'eroina, bella, gentile o provocante, la puttana, spavalda o vittima. Sono stato forse un attore che interpreta diverse parti. A volte l'interpretazione è ottimale, a volte meno o negativa. Ho sognato troppo. Ma ho anche ammirato, applaudito e anche invidiato, altri sognatori. Tanti. Ho conosciuto gente. Durante un viaggio, in uffici, in banca, nel corso di convegni, conferenze stampa. Mi sono sentito sempre e ancora un ragazzo, un ragazzo di fronte a individui arrivati, arroganti, superbi, stupidi. Sicuri di se stessi e di quanto facevano o dicevano. E io? Sarò sempre un ragazzo che tutto deve vedere e imparare? Ho preso un foglio, bianco, pulito e ho disegnato tanti piccoli uomini, piccolissimi, superbi, autoritari, furbi e li ho trasformati in ancora più piccoli vermi brulicanti. Ho posato matita e pennello e ho calato violentemente il palmo della mano sul foglio. Anche questo è stato un sogno... come tutti i miei disegni. Soltanto sogni, sogni di carta!

C'è ancora un sogno che vorrei disegnare, che disegnerò! Sono a bordo di un potente aeroplano, chiuso in uno stretto abitacolo, il cruscotto lampeggiante di piccole luci, casco e maschera dell'ossigeno, cinture allacciate. Comandi al centro, manetta tutta avanti. Decollo perfetto, prendo velocità e tiro il volantino al petto. Salgo velocemente in una lunga cabrata verticale, foro le nubi, bianchi cumuli torreggianti in cui rivedo i volti, tanto amati, di chi mi ha preceduto in questa ascesa. Sbuco nell'azzurro del cielo e continuo a salire. La velocità non diminuisce, non c'è stallo e il cielo diventa blu, blu scuro. Le luci del cruscotto sono spente e tutto diventa nero. Un bel nero.

Ferdinando Tacconi

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Mi dispiace tantissimo,
e mi unisco al tuo cordoglio.
Ho incontrato Ferdinando Tacconi a Cagliari e di lui mi hanno molto colpito la calma, la trasparenza, la ricchezza interiore e la cordialità della persona. Ho capito dai suoi occhi e dal suo sorriso che la sua opera fumettistica, per quanto grandiosa, poteva solo sfiorare, volandogli accanto, la complessità della sua avventura umana.

Immagino ci sia un posto dove vanno a finire i creatori di sogni.
Buon viaggio, Maestro.

Angelo.

Anonimo ha detto...

Mi unisco al dolore per questa perdita, artistica e umana. In Tacconi artista e persona sono inscindibili. Una persona di una fierezza, di una trasparenza, di un'eleganza come il suo segno su carta. Un grande cantastorie. Una persona che ha vissuto la vita appieno, con consapevolezza.
Mi sento fortunato ad averlo conosciuto, poco, una manciata d'ore, ma che hanno lasciato in me un segno. Crescendo ci si rende conto delle cose importanti. Tacconi me ne ha insegnato alcune.
Grazie Nando. Davvero.
sm

Anonimo ha detto...

Anch'io l'avevo conosciuto qui a Cagliari, davvero un Grande...

Anonimo ha detto...

lo avrei voluto conoscere...
quello che ha scritto è veramente toccante, siamo nati sulle spalle di giganti che non hanno bisogno degli altari televisivi per essere grandi

Anonimo ha detto...

Bellisime parole.
Le tue, e le sue, naturalmente.
Posso rubartele? Vorrei aggiungerle al post che gli ho dedicato, nel mio blog.

Fabrizio Lo Bianco ha detto...

Ciao Alghe,
grazie per il commento. Fai pure, a me fa molto piacere.
Ciao,
F

Anonimo ha detto...

Fatto, grazie mille.