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27 giugno 2005

Dove muoiono i San Siro (1)


Giorno 1



Gigi “Turriedda” ci ha fatto perdere anche questo pallone. A me piaceva molto perché era un San Siro nero e azzurro, come i colori dell’Inter, che è la squadra che mi sta più simpatica (dopo il Cagliari, ovvio).
Turriedda ne combina sempre qualcuna: non è cattivo, è che è proprio scemo. 
Glielo diciamo sempre di tirare piano, ché i San Siro volano via subito e che se poi finiscono nel giardino dei Serra nessuno ce li restituisce più.

Zio Gerardo adesso ci ha regalato un Supertele rosso e nero (a me non piace, quelli sono i colori del Milan) ma si è raccomandato: “Francesco, questo è l’ultimo che ti regalo, ma non giocate più davanti al giardino dei Serra” ché se perdiamo anche quello non ce ne dà altri e dopo ce lo scordiamo di giocare a pallone. 
Zio Gerardo è bravo ma anche severo.
Insomma, per un po’ abbiamo deciso di lasciar stare il pallone e stiamo sempre andando in giro in bici. Io ho pure aggiustato la ruota della Graziella e secondo me adesso è la più veloce di tutte perché quando prendo le buche è ammortizzatissima e rimbalza. Quella di mio cugino Paolo però c’ha le marce e lui dice che così va molto più veloce di noi…


Giorno 2
Mattina
Abbiamo resistito per tutta la mattina, abbiamo corso in bici lontano lontano, fino quasi al paese di Sergio “Tovagliolo”, a dieci chilometri da qui, e al ritorno ci siamo pure beccati la pioggia (ha iniziato leggera leggera e poi ci ha inzuppati). 
Ma stasera vogliamo giocare a pallone. Io, da grande, voglio fare il calciatore.

Il cancello davanti al giardino dei Serra è la porta migliore in assoluto. 
È largo e alto proprio come una vera porta e lì davanti non ci sono quasi mai macchine parcheggiate, solo una strada asfaltata che fa da campo e un cancello che fa da porta. 
La squadra è sempre la stessa, anche se ogni tanto si aggiunge Turriedda: io, che cerco sempre di stare in attacco, e poi ci sono i miei cugini Pietro e Paolo, mia sorellina Cecilia e nostra cugina, la più piccola, Camilla. 
Pietro è rigido come un pezzo di legno, ma non è colpa sua: non ha mai fatto nessuno sport, però è uno che fatica già in campagna e il padre lo fa pure lavorare come manovale, qualche volta. 
Paolo è un po’ più sciolto e ogni tanto qualche tiro decente gli esce pure, ma è in porta che dà il meglio di sé. Lui si butta sull'asfalto e anche se si sbuccia le ginocchia e i gomiti non gliene frega niente. Per disinfettarli, quando arriva a casa ci butta sopra la vernaccia, ché è così che gli ha insegnato suo babbo. 
Cecilia, come dice mio padre, è il vero maschiaccio di casa: vuole sempre stare con noi e cerca di imparare, però a calcio è proprio scarsa. 
Camilla è ancora piccola e viene a giocare sempre con la sua bambolina e con una collana che chiama “scabecia". Gliel'ha regalata il papà prima di sparire nel nulla, quando era appena nata. La portiamo con noi perché mica siamo come quei bambini che lasciano a casa i fratellini più piccoli! 
Però certe volte mi farebbe piacere poter giocare anche solo con i grandi... 

Quando c’è Turriedda, è lui il più forte della squadra: non ha mai giocato in un campo vero (io sì, a Cagliari) ma è molto fantasioso e si impegna tantissimo. Anche troppo! Per questo tira sempre troppo forte e ci perde tutti i palloni... 
Turriedda ora è ufficialmente fuori squadra, e pazienza se perdiamo qualche sfida contro gli Scanu. 
A me non piace perdere, però almeno per un po’ non rimarremo più senza palloni. 

Il giardino dei Serra è il più grande del paese. I Serra non abitano più qui da molto tempo. Pietro dice che erano i più ricchi del paese e che erano molto rispettati. Un giorno hanno deciso di andare via e trasferirsi in città.
La casa nel giardino dei Serra è grande come una di quelle ville che si vedono nei film. Che ci abiti qualcuno lo so per certo. E' la vecchia cieca, che i bambini qui chiamano sa bruscia de bidda, la strega del paese. I grandi la chiamano anche Tzia Zuannicca. 
Dicono che vive da sola con tantissimi gatti e che odia i bambini, e che una volta un bambino è entrato nella casa per chiedere indietro un pallone e che non è mai più tornato a casa. 
Si dice anche che quando viene il buio ci vanno i fantasmi ma a me non interessa. Io ai fantasmi né ci credo, né non ci credo: proprio non mi interessano.
E comunque questo pomeriggio si gioca.

- continua, eh! Per chi gli garba, beninteso...

10 commenti:

Il Gabbrio ha detto...

Già dalle prime righe ho sentito la voce di un bambino, il suo modo di parlare...era uno dei tanti esercizi che facevamo al corso, scrivere con le parole e modi di persone diverse da noi, sia per carattere che per età o sesso.
Lieve...
Spetto il continuo!

Danilo ha detto...

Quando giocavo io per strada, non mancava mai l'appellativo di "su spazziadori" per quelli che non sapevano tirare ma semplicemente tiravano forte e lontano... Bello, ma mi attendo di leggere anche termini come "cannedda", "puntera" e "chi buca entra"!

Fabrizio Lo Bianco ha detto...

Per Gabriele:
cavoli, questo fatto che "si senta" la voce del bambino mi lusinga molto!
Grazie :)

Per Danilo:
"Chi buca entra" non lo ricordo: stava per "Chi liscia/manca la palla va in porta?" o qualcosa del genere, giusto?

Danilo ha detto...

No, chi segna fa il portiere: da noi nessuno lo voleva fare!

Angelo ha detto...

La voce del bambino si sente eccome. Si sente anche il sole e l'odore del supertele.

Se posso, interverrei nel dibattito.
Chi buca entra è un casteddismo. Mi concentrerei sul concetto di puntera, invece, accettato in tutta l'isola e semanticamente molto più ricco. La puntera evoca l'ambito in cui eravamo relegati noi guasti, che venivamo scelti solo se c'era un buco in difesa da riempire. Ancora oggi mi offende il modo in cui ci urlavano di tornare indietro quando osavamo mettere un piede oltre il centrocampo. Colpire la palla di punta era la nostra maledizione, e le traiettorie del supertele erano degne di un verso di Battiato. Vai, Fabrizio, vendicaci tu, se puoi.

Fabrizio Lo Bianco ha detto...

Per Dani:
ah, ecco! Verissimo, in porta ci volevano andare solo i più matti! Per loro la vernaccia era pronta affianco al palo...

Per Angelo:
ci proverò! Ci sono orde di centromediani metodisti (= piedi quadrati) come me da riscattare: è un lavoro sporco ma...

Daniele Mocci ha detto...

Te ne do alcune anch'io...
"non vale bordare /opp/ bordare non vale!"
"ultimo in porta!"
"chi vince sfida"
"steccaccia"
"cascione" (mutuato dal biliardino e da noi detto Cascioi, con "ioi" nasale à la "sangavinese"!)

Poi se me ne vengono altre ti dirò. Intanto aspetto il seguito di questo spaccato della nostra infanzia.

Da noi la signora anziana che ci fotteva tonnellate di Super Tele (e guarda che i Super Tele sono leggeri!) era una vedova che abitava (rigorosamente sola) a fianco al campetto dell'oratorio nota come Maria Cidresa ("di Villacidro") o più semplicemente "Sa cidresa".
Era un incubo.
Se avesse venduto tutti i palloni che "sequestrava" avrebbe potuto rilevare la Microsoft!

Che bello, però, avere la nostra "Compagnia dei Celestini" da raccontare!
I bambini/ragazzini di oggi non possono neanche immaginare...

Dai, Fab... facci sognare!

Fabrizio Lo Bianco ha detto...

Speriamo, Daniele: di solito sono di quelli che arriva tutto solo davanti al portiere, dribbla anche lui e poi calcia sul palo. Modestamente.
Comunque pare ci fosse una ziodda mangiapalloni in ogni paese fino al 1996, quando durante una retata per sgominare una rete di accaniti zoofili del Maine, l'FBI scoprì casualmente che l'82enne Mary Hetpass, un'apparentemente innocua vecchietta che viveva da sola con una gattina, aveva un materasso interamente rivestito in plastica di Supertele.
Nel paese del "soccer" gli agenti federali non sapevano nemmeno che cosa fosse un Supertele. Ma la signora Mary lo sapeva benissimo...
Non avendo bambini appassionati di calcio nel raggio di 6.500 chilometri, aveva dapprima provato a sequestrare palle ovali da football americano, con poca soddisfazione ("Quando li buchi con il coltello non fanno nemmeno pfffffft!" dichiarò) poi s'impratichì con la nascente Grande Rete e conobbe in chat un certo Lucio, militante del Fronte Antifelino Combattente, che in cambio di foto discinte della gattina di Mary le inviava mensilmente un Supertele da "sequestrare".
La povera Mary impazzì a furia di urlare "Se non la smettete ve lo buco!" ai ragazzini di Portland che davanti a casa sua giocavano a baseball: la loro indifferenza la uccideva.
Da qui la drammatica decisione di squartare le decine di Supertele accumulate negli anni e rivestirne il proprio materasso.

Cristiano Brignola ha detto...

A me garba eccome!
Continuare assolutamente!!

Fabrizio Lo Bianco ha detto...

Benvenuto, Cristiano!
E grazie per il supporto :)